Apro lentamente gli occhi ancora intontito dal sonno, guardo di fronte a me senza spostare lo sguardo in giro, tenendolo fisso sul soffitto. Non riconosco il posto, tantomeno l’orario, se sia mattina presto o pomeriggio inoltrato. Silenzio in casa e dall’esterno. La sensazione di estraneità non mi abbandona nonostante ora abbia gli occhi ben spalancati e cominci a guardarmi attorno. È già passato qualche minuto dal risveglio ma la stanza in cui mi ritrovo non mi è familiare e ignoro il momento in cui mi sono addormentato. Sarà meglio rimettersi in piedi a questo punto prima di ingolfarmi in pensieri farraginosi. O bella! Ma dove mi sono cacciato ad appisolarmi? Che cosa sono queste sponde di contenzione così alte? Che sia stato ricoverato dopo un malore? Sì, ma dove? Vedo un letto matrimoniale ai piedi di questa culla di legno. Culla? Come sono finito qui dentro? Non sarò stato mica ubriaco? Non ricordo proprio nulla ma nemmeno avverto i postumi di una sbronza. Facciamo così: diamoci una mossa, buttiamoci fuori da questo letto recintato. Adesso mi metto seduto e vediamo intanto se mi gira la testa o che altro.
Ma proprio non riesco a tirarmi su, a spostarmi di un solo centimetro in avanti. Sono tutto fasciato! Avrò avuto un incidente per ritrovarmi bendato dalla testa ai piedi? Le braccia però sono libere da questa mummificazione, proverò almeno a mettermi seduto. Non ce la faccio, incredibile! Non ho la forza neanche di allungare le mani verso le sbarre. Mani? Mi sembrano rimpicciolite, addirittura come quelle di un neonato! Neonato? Culla? Fasce? Sì, sono ancora ubriaco, sicuramente!
Sarò lungo poco più di mezzo metro, tutto fasciato e disteso in una culla, mi sento una specie di cuffia in testa, ho mani e dita di un bambolotto, non ho ingerito alcol né fumato marijuana (d’altronde a quest’età è sconsigliabile). Sono sveglio e presente, ma non riesco a pronunciare parola alcuna che non sia un suono vagitale. In compenso, però, articolo pensieri compiuti, oserei dire adulti e consapevoli, mi sta attraversando la testa perfino un’immagine erotica, anzi proprio pornografica sebbene sotto questo pannolone ci possa essere un abbozzo di uccello, a poterlo vedere! Che cosa sarà successo in queste ultime ore? Eh già, perché fino a ieri sera? ieri pomeriggio? stanotte? avrei avuto l’intenzione di andare al cinema subito dopo la spesa di ritorno dal lavoro e la culla non era nei miei programmi da almeno mezzo secolo, cosicché, se non è uno spaventoso incantesimo infantile o un viaggio lisergico giovanile oppure un trattamento sanitario obbligatorio, che cazzo sta succedendo, cosa mi è capitato? Ora faccio in questo modo: chiudo gli occhi, mi addormento tutto il tempo necessario a risvegliarmi dove ero prima e faccio finta che non sia accaduto alcunché. Cerco un ciucciotto nelle vicinanze, servisse ad accelerare le operazioni.
Il sonno è arrivato profondamente, devo aver dormito come un bambino, quel che è certo è che mi sono svegliato nelle stesse condizioni. Almeno nelle fattezze perché non posso credere che a quest’età (quanti mesi avrò?) io possa avere una simile lucidità. Quale? Questa che non mi fa raccapezzare su come io possa essere precipitato così indietro nel tempo? Mi sembra confusione, piuttosto. Questa stanza la riconosco molto bene adesso. Qui sono nato e cresciuto, vissuto per qualche anno prima che ci fossimo trasferiti altrove, lo ricordo perfettamente, è tutto rimasto nella mia memoria indelebilmente e adesso la vedo, eccome! Mi sono pisciato addosso mentre dormivo, sono tutto bagnato e in questo momento, nonostante le mie deboli resistenze, lo sfintere si arrende e cede sotto l’arrivo della mia incontenibile cacca. Bene, puzzo di piscio e ora sono anche nella merda, letteralmente! Immobilizzato nelle fasciature e bloccato nella culla, riesco fortunatamente a trattenere il pianto. Nonostante le contingenti apparenze non starebbe bene piangersi addosso per così poco alla mia età e con tutto quello che ho già superato nella vita, forse sarebbe stato più frustrante farsela addosso da vecchio, per cui non c’è motivo alcuno per disperarsi.
Mi chiedo, invece, ora che ho le viscere svuotate resisterò nelle condizioni attuali ai morsi della fame che alla fine mi attanaglierà? E mi sazieranno latte in polvere dal biberon o direttamente dal seno materno? Con le robuste libagioni rimaste in mente mi sfamerò con un succhietto o un capezzolo? Be’, a quanto pare non mi sono ancora spuntati i dentini, quindi meglio che averli irrimediabilmente persi e sbavare da vecchio.
Quello che mi stupisce è che io usi la ragione, abbia memoria e coscienza di me anche in queste condizioni inusitate: con mezzo metro di altezza e a qualche mese di vita cosa vuoi che pensassi? Eppure, per un’imperscrutabile ragione, per quanto ridotto in questo corpicino, il mio cervello e la mia testa funzionano già come l’adulto che sono stato fino a poco prima di addormentarmi. È un sortilegio maligno che mi avvinghia o al contrario un vero miracolo? Eh sì, mi si dà l’opportunità di ripartire proprio quando, sul rettilineo finale, ero in procinto di tagliare il traguardo di fine corsa, senza premio in palio. Devo rimanere calmo e freddo nonostante quest’imbragatura soffocante, pensare senza lasciarmi prendere dall’agitazione, d’altronde non potrei fare diversamente giacché sono imprigionato in questa gabbia di legno, devo contare sull’aiuto altrui per il disbrigo delle mie faccende fisiche, dovrò perfino camminare sulle loro gambe e affidarmi alle loro braccia, prima che cominci a gattonare dovrà passare del tempo ma ho davanti tutta la vita per prepararmi alla perfezione. Chi l’avrebbe mai immaginata una cosa del genere? Neanche il frutto della fantasia più sfrenata sarebbe maturato così all’improvviso, un miracolo calato dall’alto, una grazia dispensata senza richiesta. Fossi stato sveglio, sarei incamminato sui soliti annoiati e stanchi passi anziché immobile ai blocchi di partenza in attesa dello sprint.
Nel frattempo che sopraggiunga qualcuno a prendersi cura di me, poiché sono in pratica in balìa degli eventi di questo misterioso destino, proviamo a fare il punto della situazione poiché la sorte mi ha provvisto di questa precoce intelligenza da sfruttare stavolta al meglio prima che si dipani da sé un futuro passivo. Dunque, sono proprio un neonato, su questo non ci sono dubbi, non sto sognando, non sono ubriaco né drogato. Quanto avrò? Da quel po’ che riesco a vedere così infagottato forse due tre quattro mesi, non ricordo per niente come fossi a quell’età, sempre che sia tuttora ancora io e non un altro. Anche se potessi specchiarmi, non sarei sicuro di riconoscermi. Ma poiché il pensiero, la mente, il processo logico che padroneggio mi fanno sentire sempre la stessa persona benché rinata, debbo ritenermi ancora una volta me stesso in una seconda e inaspettata opportunità da sfruttare al meglio. So bene quel che mi aspetta, o meglio quel che è successo la prima volta che sono stato al mondo in siffatte condizioni, ricordo bene il risultato di quel che sono diventato seppure abbia dimenticato tanti passaggi evolutivi che ora avrò l’accortezza di guidare con somma attenzione, evitando gli sbagli che possa aver commesso in precedenza. Ora ci vuole solo testa, e tanta: tutto il resto, sentimenti ed emozioni, sarà meglio controllarli per non ricadere in errori inemendabili.
Mi sta venendo sonno, mi si chiudono gli occhi, d’altronde a quest’età è una cosa frequente dormire molto per quanto ancora non abbia mangiato nulla e non sappia fino a che punto riesca a tenere sotto controllo la fame. Inoltre paradossalmente, ora, ho il timore di risvegliarmi fuori da quest’infanzia, cioè di tornare alla mia età corrente in sintonia con la coscienza matura che si muove all’interno di questo mezzo metro scarso in fasce, di ritornare alla mia realtà di prima, quella conosciuta e sviluppata, oramai prossima alla scadenza. Che paura sarà mai questa? Ogni volta che mi sono svegliato in precedenza, nonostante tanti bei sogni in cui ho vissuto per qualche ora, non mi sono forse ritrovato, purtroppo! ogni benedetta volta dentro i miei soliti panni, senza alcuna sorpresa ad attendermi nella veglia? Quindi al massimo potrei ripiombare nell’incubo che già ben conosco e lasciare questa culla col suo fagottino nel mondo dei sogni che mi ha sempre tenuto alla larga.
Eccomi ancora qui, non è cambiato niente, sono sempre nell’assurdo sotto forma di poppante ma di biberon o poppe non ce ne sono qui in giro. A vedere questa stanza che non esisteva più, direi che c’è stato un viaggio a ritroso, come è riapparsa quest’ultima allo stesso modo la sto abitando nuovamente in queste dimenticate forme. Sarò stato allattato artificialmente, da mia madre o da una balia? Ho fame, ho fame, ho fame e non si vede nessuno varcare questa porta chiusa, ho fatto ancora la pipì cosicché sono sempre più disidratato nonché bagnato, avvolto anche nella cacca e tra un po’ comincerò a frignare dalla disperazione. Forse in questo modo qualcuno si farà finalmente vivo, crederanno che stia ancora dormendo e non verranno a disturbarmi, ma dico? neanche controllare che stia bene? Poi sono curioso di rivedere mia madre giovane, fino a ieri ottantenne oggi certamente avrò allungato la sua vita e dato un’ultima chance anche a lei. E mio padre che sarebbe morto da più di vent’anni, sarà resuscitato nella stessa vita? Forza, aprite quella porta che sta per succedere qualcosa di inimmaginabile per noi e per tutti gli altri del paese, quelli morti e quelli anziani: la maestra, il salumiere, il prete, il dottore, la barista, il cane e il gatto di casa, tutti vivi e ringiovaniti, ognuno rinnovato o forse solo quelli sotto il mio sguardo, nella mia cerchia familiare certamente, e chiunque avrà a che fare con la mia vita: gli amici, i professori, le fidanzate, i conoscenti, i vicini di casa, i passanti nei miei paraggi, gli attori dei film che rivedrò, gli autori dei libri che rileggerò, i calciatori delle partite che rivedrò. Su, forza, prima che sia troppo tardi e muoia di fame, fatemi crescere alla svelta che voglio rivedere Totò, don Milani, Gigi Meroni, Ignazio Silone, Gilberto Govi, Eugenio Montale, Ursula Andress giovane! Che emozione!
Mi è scappato un vagito, ho provato a trattenerlo con la forza della mente ma il mio fragile corpo non regge queste privazioni, è afflitto dalla fame, con la pelle irritata dagli escrementi comincia a sentir caldo così fasciato, mi si inumidiscono gli occhi, stanno colando dei goccioloni, la bocca inizia a spalancarsi, a dispetto del mio pensiero positivo è sopravvenuto un pianto disperato e lancinante che squassa i miei stessi timpani tale da provocarmi un nervosismo isterico, le braccine tese in uno sforzo spasmodico a gonfiare a ventaglio il piccolo torace che agisce da cassa armonica di risonanza triplicando le urla rabbiose, i pugni serrati nell’impotenza, le gambine intrecciate a far sussultare il pancino gonfio d’aria. Inutilmente, non arriva nessuno in soccorso ai miei pianti imploranti. Meno male che è terminato questo concerto lagnoso, mi ha snervato. E pensare che non ho voluto figli per risparmiarmi notti in bianco con strilli acuti e improvvisi, per ritrovarmi ora qui a dover sopportare me stesso in questi panni creduti dismessi per sempre. È tornata una calma stanca che favorisce un sonnellino sfiancato. Riposa, bimbo mio, e abbi fede che ci aspetta un futuro radioso, pappetta più pappetta meno.
Meno male, sono rimasto ancora lattante e ho continuato a conservare nella memoria tutta l’esperienza accumulata fino a ieri. Certo che questa situazione è ben strana, a dir poco: mi ci vedo in questi panni, a esser preso in braccia e allattato, a gattonare sul pavimento e a sentire la gente mentre mi farà tutti quei versi idioti per spingermi a parlare? A dovermi adattare a questo corpicino coi suoi ritmi di veglia e sonno ripetuti a breve distanza, a sopportare le fuoriuscite incontenibili dei miei escrementi e a portare pannolini e babbucce e cappellini e sciarpette e cappucci? E a succhiare ciucciotti e mangiare omogeneizzati? D’altra parte non mi ci vedevo nemmeno nei panni di sessantenne, con i dolori di schiena, la vista abbassata, i capelli bianchi rinsecchiti e sottili, il sonnellino pomeridiano, le debilitazioni incipienti, la salute cagionevole, le frequenti visite dai dottori. No, non mi ci vedevo, facevo fatica ad accettare il mio corpo invecchiato, davanti allo specchio risaltava così diverso dal mio sentire: il dentro che non riconosceva il fuori.
Dovrò avere un po’ di pazienza fino a quando comincerò almeno a camminare rendendomi così indipendente dall’aiuto di chi mi avrà sollevato, spostato, alzato, abbracciato. Per limitare al massimo le seccature che la mia nuova condizione porterà con sé fingerò di addormentarmi all’improvviso o strillerò a più non posso per tener lontano da me mani toccanti, labbra bacianti, bocche sorridenti, occhi scrutanti, visi smorfiosi, versetti deficienti. E non appena acquisterò motilità e massa muscolare, provvederò da me ai miei spostamenti, a vestirmi, lavarmi, andare in bagno. Dovrò pazientare qualche annetto, per non destar sospetti di preoccupante precocità, prima di prepararmi i pasti da me, far la spesa o scegliermi i vestiti. Naturalmente m’iscriverò il più presto possibile a scuola per liberarmi quanto prima almeno da quella dell’obbligo, affiancandola con un’attività autodidattica che mi permetta di approfondire e allargare le mie conoscenze come non ho fatto prima a suo tempo, nell’attesa che possa scegliere con oculatezza le specializzazioni a me adatte, senza lasciarmi condizionare da giudizi errati di professori, familiari o conoscenti. Sillaberò ogni singolo argomento umanistico, tutte le materie letterarie approfondendole dagli albori della parola perché questo è il mio orientamento personale, sarà inutile perdere tempo in altre ricerche, dedicherò il tempo giusto alla promozione nelle materie scientifiche o tecniche che non sono nelle mie corde come già ho potuto constatare nella mia vita precedente. Dunque, una volta che saremo andati via da qui, invece di stare con i nonni e all’asilo, a cinque anni mi farò iscrivere alle elementari anziché a sei, andranno bene anche quelle di prima così conoscendo già maestri e compagni eviterò perditempo e lavativi di entrambe le categorie, dedicando il minimo indispensabile nello studio di materie così elementari, appunto, e mi concentrerò nel tempo libero sulle letture dei classici della letteratura accelerando e massimizzando i tempi della mia formazione. Eviterò le partite di calcio tanto non ero portato per quel gioco, inoltre a otto anni diventerò miope, motivo inabilitante alla pratica sportiva, almeno la mia. Dovrò organizzarmi per i film perché nella cittadina dove andremo a vivere non ci saranno molti cinema e spettacoli, mi accontenterò delle migliori seconde visioni, la televisione pubblica con solo due canali non avrà una grande offerta ma in compenso, però, la qualità di sceneggiati e trasmissioni sarà superiore a quella arrivata in seguito, massificata verso il basso dalle sopravvenute tv commerciali con i loro messaggi diseducativi. Basterà saper scegliere bene e con l’esperienza che mi ritrovo oggi, non commetterò altri passi falsi: non spunterà un neonato tutti i momenti, no? Quindi, condotte in porto le medie, mi concentrerò con tutta l’attenzione possibile, non dimostrata in passato, sul liceo classico, non trascurerò un verbo una pagina una materia un professore, ripetendo all’infinito quanto già studiato ma imparandolo davvero con una meticolosità irripetibile, dall’alto del conto che la vita mi ha realmente presentato.
Nessun rumore in casa proviene dalle altre stanze che credo di ricordare a meraviglia. Oltre quella porta un lungo corridoio conduce in cucina attraverso un ampio soggiorno. Dalla finestra entra la luce solare, forse è primavera sebbene queste fasce strette e pesanti m’indichino una fredda stagione invernale in atto. Ben ricordo l’ansia dei miei genitori, la paura che potessi ammalarmi o prendere freddo, proprio io che ho sempre sofferto il caldo immobilizzato in questo modo sto rischiando d’impazzire, bloccato nel sudore e nel fetore, oltre che affamato. Non so cosa darei per un panino al prosciutto e formaggio, un piatto di spaghetti, una cotoletta alla milanese, un trancio di tonno alla griglia, una fetta di torta al cioccolato, due bicchieri di vino rosso, un semifreddo al pistacchio ma in queste condizioni dovrebbero bastare trecento grammi di latte.
Finalmente potrò vedere lucidamente dal vivo i miei genitori e non avere quella vaga impressione di loro quarantenni che ho conservato quando ero in piena confusione puberale o il distratto ricordo da egoista trentenne mentre vivevano la mia età attuale, anzi di quella di ieri prima di questo risveglio in culla. Sono curioso di osservarli alle mie prese neonatali poco più che ventenni, due ragazzi in confronto a quello che ero divenuto oramai io, due miei figli putativi probabilmente, quelli che non ho mai avuto. Se avessi la parola, dovrei essere io a dar loro dei consigli ma si sa che i figli non ascoltano i genitori, e viceversa.
Quante cose nuove mi aspettano ancora da assaporare per la prima volta! Il fumo di una sigaretta: quando comincerò stavolta? Eh già perché in quest’altro giro mi converrà tener d’occhio anche la salute, non solo il piacere o il vizio, poi lo so bene, ora! che il conto ci verrà presentato e non sempre ci saranno soldi per saldarlo, pertanto a questo punto sarebbe diabolico e stupido ripetersi. Il sesso! La prima scopata, ma anche la prima sega! Poche, tuttavia: in quest’altro giro lascerò andare tutti i tormenti giovanili, le menate, le incertezze che mi hanno fatto perdere minimo vent’anni per apprezzare il mio aspetto fisico dopo i trenta quando i fuochi d’artificio spettacolari erano nuvole di fumo. Massimo a tredici voglio trombare, niente innamoramenti del cazzo! Prima scopare e poi, dopo, l’amore! Il primo bagno di mare, la vacanza in tenda, la cioccolata, il pollo arrosto, il gin tonic, la prima sbronza! e la prima canna! la prima partita allo stadio, il primo volo aereo, la prima bicicletta e la prima guida in auto, la forza fisica dei diciott’anni e le nottate in giro a divertirsi con niente, l’incoscienza arrischiata, le stupide risate a crepapelle. Quante cose dimenticate mi aspettano e quante altre che non mi sarei aspettato potessero essere mai dimenticate, avverranno ancora! Ma l’attesa e il gusto di sapere già quel che succederà, sarà minore che sperimentare un piacere sconosciuto? Non lo so, però riviverlo nuovamente non lo diminuirà affatto, specialmente una volta sparito inesorabilmente. A chi capiterà mai un’occasione del genere?
Intanto sto morendo di fame, il tempo passa e io rimango così a digiuno che se non mi nutrirò al più presto il mio nuovo futuro si esaurirà in questa culla prigione. Che senso avrebbe tutto ciò? Eppure il mio presente è continuato ben diversamente, c’è stato un futuro e pure un passato, non può finire in questo modo. Bene, ora mi concentro tutto sul mio corpo accantonando momentaneamente la mia coscienza e ricomincio a piangere talmente forte da scassare i timpani a chiunque nel raggio di centinaia e centinaia di metri fino ad arrossarmi gli occhi e irritarmi gola, faringe e polmoni. Vai col concerto, all’attacco! Ops, altra piscia e ancora cacca: adesso riconosco la mia vita di merda, ce n’è ancora, eccome se ce n’è!

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